I Docks Dora compiono 100 anni.__ il complesso nasce nel 1912 come magazzino di deposito
per la merce sottoposta al controllo daziario, collegato alla rete
ferroviaria cittadina con un binario dedicato. Costituito da un ingresso
con portineria e padiglioni perimetrali in mattoni rossi, suddivisi in
grandi campate in cemento armato e ampie vetrate, è una delle prime
opere costruite con il sistema Hennebique. Esaurita la funzione di
magazzini alimentari nel 1960, i Docks Dora sono stati riconvertiti in
spazi per attività culturali, commerciali e studi d’artista, sale per
musicisti, studi di architettura, locali notturni e circoli privati.
Inizialmente destinati, secondo un progetto avanguardistico per l’epoca,
a fini industriali di deposito e movimento merci, centro nevralgico
dello sviluppo economico e mercantile per la città di Torino nelle prime
fasi delle rivoluzione industriale italiana, i Docks Torino Dora
non hanno mai cessato di essere popolati e vivacizzati dalle attività
più eterogenee. Oggi, forse, è l’unico monumento di archeologia
industriale nel Torinese che ha saputo spontaneamente evitare il totale
abbandono o l’alternativa distruzione per i fini di riqualificazione del
territorio, costituendo, anzi, terreno fertile per attività artistiche
ed eventi culturali. Fenomeni che, nel tempo, non solo hanno ridefinito
la destinazione dei Docks Dora, ma hanno anche contribuito a mantenere
in vita l’intera area. A partire dal progetto siglato da Ernesto
Fantini, realizzato tra il 1912 e il 1914, nei locali dei Docks sono
nate e si sono avvicendate attività commerciali, circoli privati, locali
notturni, sale prova musicali, studi di artisti e musicisti. I Docks
Dora sono tra i primi esemplari in Italia di edifici realizzati con
l’applicazione di tecnologie, come l’uso del calcestruzzo armato, che
risultavano affatto innovative agli esordi del Novecento, in un contesto
di pieno sviluppo, progresso e sperimentazione legati all’industria.
Divenuti, ora, sede di attività commerciali e, soprattutto, di fermento
artistico underground o già intrecciato con i circuiti istituzionali
dell’arte contemporanea, a giusto titolo l’attuale progetto di
riqualificazione dell’area urbana (Spina 3) ha tenuto saldo l’intento di
salvaguardare questo monumento della nostra epoca postindustriale,
tuttora pulsante di vita economica e creativa.
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